RIFLESSIONI SUL COLORE E IL FRUITORE

(di Elios Moschella) – marzo 2011

“Perché nessuna cosa si può amare né odiare,
se prima non si ha cognizione di quella”
Leonardo da Vinci

WONDERLINE - 9 STANZE COLORE

WONDERLINE – 9 STANZE COLORE

Un nuovo percorso di idee sul cromatismo e sulle dinamiche per cettive. Sembra essere questo il leit-motiv dell’evento “WONDERLINE: IL COLORE ATTRAVERSO MUSICA, POESIA, E IMMAGINE IN UNA MOSTRA-PROGETTO AL MUSEO NAZIONALE DELLA SCIENZA E DELLA TECNOLOGIA” che si svolgerà a Milano dall’8 al 17 aprile presso il Padiglione Aeronavale del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia. L’evento è ideato e realizzato dallo Studio Original Designers 6R5 Network ed è allestito in concomitanza con il Salone Internazionale del Mobile e il MiArt. La Mostra-progetto si diramerà in due percorsi: il primo “Concept Color – Trend Color – Philosophy Color è il punto di partenza per l’analisi psicologica del colore”; nel secondo spazio invece si prevede di accentuare “l’esperienza multisensoriale” percorrendo nove sezioni (Pitture, Fotografie, Poesie e Suoni specifici per ogni colore). Domina il tema del colore che, secondo Lidia Silanos (critica d’arte e cura-tore della mostra), “..è luce, visione, lettura di ciò che ci circonda. Colore come vita e natura, come teorie matematiche e scientifiche, come infinite sfumature che leggono le nostre sensazioni e visioni”. Un’iniziativa concreta e interessante per il metodo interdisciplinare che “collega” il tema del colore al mondo dei sensi, della percezione. Grande assente è l’architettura, in passato considerata la regina delle arti. Assente perché? Da quest’assenza, a mio modesto avviso, non casuale vorrei partire per suggerire alcuni temi d’approfondimento e dibattito. Spesso in questa rubrica sono emersi da diversi punti di vista alcuni comuni elementi che potremmo riassumere nella difficoltà di rende-re quotidiano l’uso del colore nel progetto architettonico. Mi soffermerò, per una volta, sull’ultima figura della catena progettuale: il committente, il fruitore. Sono convinto che proprio sul tema del colore questo sia il nodo centrale. Nella mia esposizione mi avvarrò delle tesi esposte nel libro di Alberto Argenton, Arte e cognizione, Cortina Editore.
Nelle tesi esposte da Alberto Argenton sono espressi concetti che val la pena di approfondire. Innanzitutto sul termine fruitore “ colui che gode del prodotto realizzato dall’artista. Anche il termine godere richiede, però, una precisazione: nel nostro caso esso non si riferisce solo al piacere, ap-pagamento da qualche cosa, ma pure a trarre un’utilità, un giovamento, un vantaggio (la sottolineatura è dell’autore, NdA). Infine, va detto che il fruire non ha necessariamente e unicamente una caratterizzazione positiva, essa può connotarsi pure in un senso esattamente opposto a quello ora enunciato e configurasi perciò come atto di rifiuto, di esame critico negativo, di censura, di disapprovazione…”1. Già da questa definizione, per collegarci alla nostra problematica, è evidente che il fruitore-committente non riesce ancora nella maggior parte dei casi a per-cepire (afferrare con i sensi) un’utilità dall’uso del colore nell’architettura; mentre lo stesso fruitore riesce certamente a trarre un giovamento dall’uso del colore nella pittura, nella moda ad esempio.
Ma proseguiamo nell’analisi interessante di Argenton: “.. cercheremo di individuare e di esaminare… le principali caratteristiche della figura del fruitore e del suo comportamento, che possono essere ricondotte a tre aspetti complementari e interdipendenti tra di loro. Analizzerò il comportamento estetico prendendo in considerazione i processi cognitivi in esso implicati, gli effetti che tale comportamento può produrre e, infine, il diverso tipo di concezione dell’arte che il fruitore può possedere e perciò di atteggiamento che egli può assumere nei suoi confronti… (la sottolineatu-ra è dell’autore, NdA)…
La fase iniziale è dunque quella in cui il fruitore coglie e si impadronisce della forma dell’opera, basando su questa variabile la sua valutazione, che può essere in alcuni casi del tutto inconsapevole. Intendo riferirmi alle situazioni nelle quali il fruitore è nelle condizioni, per i più disparati motivi, di poter cogliere nell’opera con la quale è in relazione solo il significato che ho chiamato percettivo”2. Argenton prosegue quindi analizzando il dibat-tito sulla sezione o proporzione aurea che ha costituito, ancora oggi in parte, “..una regola costante e privilegiata dell‟arte occidentale per ottenere, nella rappresentazione pittorica e scultorea della figura umana e nella progettazione architettonica una “eccellente” o perfetta armonia formale…”3. Quanti, fra quelli di noi che hanno frequentato le aule di architettura, non ricordano il Modulor di Le Corbusier? Ecco perché il risultato di questo dibattito sulla sezione aurea, porta Argenton ad affermare che: “La proporzione aurea costituisce una sfaccettatura di quella dimensione estetica universale che contribuisce a guidare l‟attività cognitiva in genere e, usata in campo artistico, trova traduzione ed espressione in forme equilibrate e al contempo vitali, in forme che possiedono quella relazione dinamica di cui scrive Arnheim…. La proporzione aurea assurge così a canone estetico particolare e diviene una delle norme che regolano il comportamento estetico – lo stile e il gusto – di determinate culture ed epoche”4. Ecco, quindi, che capita molto spesso, ad esempio, di non riuscire a cogliere l’attuale “canone estetico” delle nuove architetture, né tanto meno di riuscire a comprendere un’utilizzo diverso del colore di cui abbiamo una stratificata percezione ancor’oggi riferita al passato, ai colori pastello delle architetture dei nostri centri storici. Ma proseguiamo nell’analisi condotta da Argenton sul secondo aspetto relativo agli effetti del comportamento estetico. Per descrivere tali effetti, Argenton cita un brevissimo saggio di Eugenio Montale e in particolare questo brano: “ Un frammento di musica o di poesia, una pagina, un quadro cominciano a vivere nell’atto della loro creazione ma compiono la loro esistenza quando vengono ricevuti, intesi o fraintesi da qualcuno: dal pubblico. Compiono la loro vita quando circolano, e non importa se la circolazione sia vasta o ristretta; a rigore, il pubblico può essere formato da una sola persona, purché questa persona non sia l’autore stesso. Tutti d’accordo su questo punto, non bisogna cadere però nell’errore di credere che la percezione, o consumazione, di un particolare momento o frammento espressivo debba essere necessariamente quasi sincrona al suo presentarsi a noi con un immediato rapporto di causa ed effetto. Se così fosse la musica sarebbe goduta soltanto al momento dell’esecuzione, la poesia e la pittura soltanto nel momento in cui l’occhio si posa sul fogli stampato o sulla tela dipinta. Finita la causa, finito il narcotico, tutto cesserebbe; si charta cadit dovrà svani-re nel nulla ogni bagliore di musica o di commozione poetica”5 Gli effetti estetici, quindi, si rapportano alla nostra cognizione, a ciò che “accade nell‟essere umano quando gli appare certo di aver raggiunto, e aggiunto al suo patrimonio di conoscenze, una qualche “verità”: improvvisamente, “miracolosamente”, il velo che ottunde la visione si squarcia e l‟occhio, liberato, può cosi vedere più nitidamente la realtà, afferrare un significato che contribuisca a dare un senso più definito alla vita e alla condizione umana”. Che cosa a che vedere con tutto ciò il colore? Non possiamo chiedere a tutti i color designer o architetti o progettisti di comporre ogni volta un’opera d’arte? Ma ne siamo proprio sicuri? O anche questa è un ulteriore ragione del lento cammino del colore nell’architettura?

Il viaggiatore sopra il mare di nebbia

Caspar David Friedrich, Il viaggiatore sopra il mare di nebbia, Kunsthalle, Amburgo (Foto Alinari)

Il terzo aspetto, analizzato da Argenton, è relativo all’atteggiamento del fruitore. Così prosegue Argenton “…Usando i termini del linguaggio comune, l’atteggiamento nei confronti di qualche cosa, nel nostro caso l’atteggiamento del fruitore, è dato dall’interazione tra le sue convinzioni o credenze o concezioni (aspetto intellettivo), i suoi sentimenti (aspetto affettivo), le sue valutazioni positive o negative (aspetto valutativo) nei confronti dell’arte in generale – o di un particolare genere artistico o di un gruppo di opere o anche di una singola opera – e la sua conseguente tendenza a rispondervi in un determinato modo (aspetto conativo)… Comunque il fruitore si atteggi, qualunque sia lo stile cognitivo – tendenzialmente conformista o anticonformista- che egli adotta nel porsi in relazione con l’arte e indipendentemente dall‟influenza che le variabili culturali, sociali, e individuali hanno sul suo comportamento, egli è fondamentalmente mosso dalla medesima spina motivazionale, legata a specifici bisogni di tipo estetico (Maslow,1970), che induce l’altra componente del fenomeno artistico – l’artista – a produrre arte e che dirige l’attività cognitiva stessa…. Ma è sicuramente l‟impulso tassofilo, l‟ “amore dell‟ordine” (Morris,1977) che muove il fruitore verso l’arte e che consente anche di capire meglio le ragioni del „contatto‟ – empatico e isomorfico – che, tramite l’opera, avviene fra l‟artista e il fruitore stesso… L’“amore dell’ordine” è infatti… uno dei fondamentali criteri che guida l‟attività cognitiva, il cui obiettivo di fondo è mettere ordine nel mondo e così mante-nere un rapporto equilibrato e al contempo dinamico con il mondo stesso.”7
Credo di aver posto i termini di una discussione approfondita che, per quel che mi concerne, ha come preciso scopo quello di cercare di “risolvere” una sorta di empasse dove il colore non trova ancora oggi una sua connotazione precisa e definita nel progetto architettonico.

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1 Alberto Argenton, Arte e cognizione, Raffaele Cortina Editore, Milano 1996, pag 275
2 Ibidem, pag 277
3 Ibidem pag 278
4 Ibidem pagg 284-285
5 Eugenio Montale, Auto da fé, Mondadori, 1966, Milano pag 135
6 Ibidem, pag 293
7 Ibidem, pagg 300-301

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Pubblicato su Architettura

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