(di Cristina Polli) – Marzo 2021
Conoscere significa anche mettere in relazione tutto ciò che fa parte del mondo fisico, con la rappresentazione che noi ne abbiamo attraverso l’atto percettivo, l’attenzione e la memoria.
Dal punto di vista cognitivo l’attenzione che l’osservatore pone nei confronti della realtà fenomenica e la percezione, sono i primi processi che costituiscono un’interfaccia tra l’uomo e l’ambiente, interfaccia che per altro mette in relazione costantemente il nostro cervello con il mondo fisico, attraverso il nostro corpo.
Percepire non vuol dire registrare in modo passivo i dati oggettivi. Il processo percettivo, estremamente complesso ed articolato, comporta infatti rielaborazioni e interpretazioni di ogni informazione che ci arriva, necessarie affinché il sistema cognitivo – e quello motorio – possano raggiungere i propri obiettivi, primo tra tutti quello della sopravvivenza. Ciò che decidiamo, ciò che proviamo, come rispondiamo, è sempre parte di un momento specifico, il momento in cui “facciamo esperienza di qualcosa”.
Da sempre, da milioni di anni, abbiamo imparato a sviluppare dei processi e delle strategie biologiche per poter rispettare quelli che vengono definiti i tre circuiti di sopravvivenza, ovvero: difesa, alimentazione e riproduzione. Lo stesso sistema visivo, che si è adattato ed evoluto per adeguarsi agli ambienti naturali, è costruito secondo criteri dettati dall’esigenza di vivere soddisfacendo i bisogni primari. La stessa capacità di discriminare il colore, è servita ai nostri antenati per sopravvivere: cacciare, difendersi, alimentarsi, riconoscere, mimetizzarsi, provare piacevolezza, etc. Vediamo a colori perché così è ed e stato più facile sopravvivere [Bottoli, Bertagna. Ronchi].
Secondo Lucia Ronchi per milioni di anni i primati sono stati esposti ad una luce diurna che veniva filtrata dalla vegetazione. L’essere umano ha imparato ad “abitare” spazi, secondo stimoli provenienti dall’ambiente naturale temperato. La complessità visiva e il mutamento sono perciò biologicamente adatti all’uomo. Così come ci è naturale percepire più lontani colori con frequenze selettivate attorno ai blu e più vicini quelli attorno ai rossi arancionati: il cielo sereno, azzurro, come i monti lontani, da sempre è stato un elemento di “sfondo”, mentre il sangue rosso (messaggio di attivazione), veniva osservato da vicino.
Pur vivendo la contemporaneità ben diversa da quell’epoca lontana, noi esseri umani ancora oggi portiamo dentro le antiche esperienze e associamo in modo istintuale colori a situazioni e/o comportamenti.
In un rapporto biunivoco di scambio con la realtà, continuiamo a mappare l’ambiente in modo istintuale. Grazie a tale modalità percettiva, possiamo raccogliere quelle informazioni utili a valutare la posizione rispetto alle cose e verificare che non vi siano insidie all’interno dello spazio visivo.
Essendo esseri sociali, che vivono contestualmente in un mondo antropizzato, oltre a conservare l’aspetto istintuale, sappiamo però percepire la scena secondo un utilizzo più completo, nella sua globalità e ricchezza anche di contenuti culturali, quali esperienza, memoria, quindi storia dell’individuo e del proprio vissuto, imprinting personale.
La percezione cognitiva, che varia da cultura a cultura, dipende dal luogo geografico, dalla propria storia personale, da schemi memorizzati, interiorizzati, ben identificabili, ormai consolidati. Riguarda sia miti, che riti propri della tradizione e dell’identità del luogo, sia da schemi iconografici stabiliti, precisi, contestualizzati. Percezione istintuale e culturale si fondono nel riconoscimento e nella lettura del mondo fenomenico e appartengono a due facce della stessa medaglia: quella biologica stabile e condivisa da ogni essere umano e quella culturale che può mutare nel tempo ed è tipica di un dato gruppo d’appartenenza.
E’ comunque “…nel cervello che hanno luogo quelle complesse sensazioni che chiamiamo visione delle forme e dei colori, sensazioni subito elaborate dal nostro atteggiamento nei confronti della situazione, dalla nostra storia, dalla nostra cultura, dalle nostre attese, dalla motivazione e dagli altri nostri sensi congiuntamente, dando luogo alla percezione.
La percezione è quindi un’operazione mediante la quale la coscienza prende contatto con l’oggetto esterno utilizzando una molteplicità di sensazioni, importante tra le altre, la vista.”
[G. Bertagna, 2009]
Ti mangio….TI MANGIO???
Il punto di partenza del fenomeno percettivo è riconosciuto, dalla psicofisica e dalla neurofisiologia, nella risposta recettoriale allo stimolo.
Già con la nascita della psicofisica (Gustav Theodor Fechner, 1801-1887, “I Principi della Psicofisica” 1860) si iniziò a porre una correlazione tra le caratteristiche fisiche degli stimoli e la risposta sensoriale ad essi.
“La fisiologia contemporanea sostiene che il sistema nervoso è la sede della mente e, inoltre, che molte facoltà cognitive e affettive, introdotte dalla psicologia classica, possono essere ricondotte a specifiche attività nervose.” [M. Gussoni, G. Monticelli, A. Vezzoli, 2010]
I recettori, ovvero la struttura periferica di tutti i sistemi sensoriali, sono i mezzi con cui veniamo a contatto con l’ambiente, sia esterno che interno a noi. Determinano la gamma di stimoli che siamo in grado di rilevare e definiscono i limiti della nostra sensibilità. Alcuni recettori, come quelli acustici o visivi, rispondono solo entro un definito ambito di stimolazione. I recettori retinici per esempio rispondono ad onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda compresa tra i 380 e i 760 nanometri circa.
Compito dei recettori è trasdurre (portare attraverso) “la forma di energia incidente in messaggio nervoso centrale, generando una sorta di alfabeto o codice simbolico, interpretato ed elaborato in stadi successivi, fino a raggiungere la stazione finale dei centri superiori, la corteccia cerebrale, dove originano la percezione sensoriale, la risposta motoria, l’emozione, il ricordo.” [M. Gussoni, G. Monticelli, A. Vezzoli, 2010]
La percezione non è però un meccanismo passivo di registrazione, per cui il cervello sceglie, anche secondo l’esperienza acquisita e il bisogno di economizzare energie. In tempi possibilmente brevi rielabora informazioni utili e/o necessarie ai propri scopi ed obiettivi, primo tra gli altri la sopravvivenza.
Bibliografia di riferimento
A. Bottoli, G. Bertagna, “Perception Design”, Maggioli Editore, 2009
L. R. Ronchi, “Il processo visivo nel III millennio”, Fondazione Giorgio Ronchi, XC, FI, 2007
L. R. Ronchi, “Visione e Illuminazoine alle porte del 2000”, Vol. II, Fondazione Giorgio Ronchi, LXXII, FI, 2000
P.Bressan, “Il colore della luna. Come vediamo e perché”, Ed.Laterza, Roma-Bari, 2007
M. Gussoni, G. Monticelli, A. Vezzoli, “Dallo stimolo alla visione”, Casa Ed. Ambrosiana, MI, 2006