(di Andrea Cacaci) – ottobre 2020
Oggi, nel cosiddetto mondo sviluppato, trascorriamo mediamente il 90% del nostro tempo all’interno degli edifici; questo fatto ha importanti conseguenze sul nostro organismo. L’esposizione alle radiazioni solari regola la secrezione e la soppressione di alcuni ormoni che influiscono sui ritmi biologici umani e sugli aspetti comportamentali, la presenza ridotta della luce solare porta a cambiamenti che influenzano il sonno e l’umore, inoltre abbiamo la tendenza a perdere il contatto con la realtà circostante e non riusciamo più a riconoscere i luoghi per la loro luminosità. La luce che illumina le nostre città in questo momento non è la stessa che sta creando ambientazioni luminose in altre parti del globo. Essere ora a Milano, ad Helsinki, a Johannesburg o a Casablanca significa vivere immersi in scenografie luminose completamente diverse l’una dalle altre; la luce naturale caratterizza in modo univoco e singolare ogni città ed ogni luogo.
Per noi è diventato normale trascorrere sempre più tempo al chiuso: la lampadina si è sostituita al sole ed è diventata la nostra sorgente di riferimento, stiamo perdendo il rapporto con la luce naturale ed abbiamo in parte perso anche il senso del tempo, abbiamo inventato l’ora legale, molti di noi hanno problemi di sonno perché il nostro orologio biologico non sa più leggere la realtà.
Un buon esercizio che consiglio spesso di fare è quello di andare a guardare le opere dei pittori che hanno dipinto in luoghi molto diversi e distanti tra loro; la luce che ritroviamo nei quadri dello spagnolo Sorolla non è la stessa presente nelle opere di artisti nordici come Tuxen o Krøyer; Valencia, Biarritz e Skagen non hanno la stessa esposizione solare.




La differenza è evidente e chiarificatrice.
I bianchi abbacinanti dei bagnanti spagnoli ritratti nei quadri di Sorolla lasciano posto ai toni tiepidi delle spiagge danesi di Skagen ritratte da Laurits Tuxens o da Peter Severin Krøyer. Pigmenti e cromie simili a quelli usati da Joaquin Sorolla li ritroviamo nelle tele che lo svedese Anders Zorn ha realizzato nel suo viaggio in Africa. La differenza non è negli occhi o nella tecnica pittorica dell’autore ma nella visione della luce.

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