(di Cristina Polli) – giugno 2014
Oggetto saliente e mappe di salienza
In un esperimento noto lo psicologo statunitense Daniel Simons presentò ad alcuni soggetti un filmato nel quale alcune persone giocavano a basket. Senza che gli spettatori venissero avvisati, nel filmato, un attore travestito da gorilla attraversò ad un certo punto il campo da gioco, si fermò tra i giocatori, salutò e poi se ne andò.
La maggior parte degli spettatori, che avevano il compito di seguire il gioco, non notò il gorilla.
Il fatto di non notare il gorilla, ci dice Jean-Philippe Lachaux, è dovuto al legame tra attenzione, percezione e memoria.
Se l’attenzione viene convogliata verso un dato elemento (nel caso citato gli spettatori avrebbero dovuto rivolgerla al gorilla), il cervello attiva le parti preposte alla memorizzazione e individuazione dell’elemento stesso.
Nello specifico si attivano: aree visive del lobo temporale, giro fusiforme, lobo frontale, V1, memorizzazione a breve
termine nella corteccia pre-frontale.
Senza l’attenzione non ha luogo tale attivazione e quindi viene inibita la possibilità di memorizzare e individuare un elemento preciso.
Da sottolineare che tutti avrebbero notato il gorilla se:
- fosse stato dipinto di rosso;
- i soggetti fossero stati avvisati della sua presenza.
L’attenzione può essere avviata da indizi particolari che il nostro cervello si aspetta: COLORI, SUONI, FORME, MOVIMENTI.
Si suppone l’esistenza di gruppi di neuroni specializzati nella percezione (per es. di volti o colori). Tali neuroni ci danno la possibilità di rilevare, per esempio, la presenza di un papavero rosso in un prato tutto verde. Ci premettono quindi di avvertire nell’ambiente la presenza di elementi interessanti.
Un oggetto evidenziato per luminosità, colore, forma e movimento, cattura la nostra attenzione. Si dice, perciò, che è SALIENTE.
Anche gli stimoli emotivi rendono saliente un oggetto. L’amigdala riconosce rapidamente il carattere pericoloso o piacevole di un oggetto, mentre l’attenzione automatica scaturisce da forme o segni o colori che apprezziamo o siamo abituati a distinguere (per es. il semaforo).
Se percorriamo un paesaggio naturale ci attirano i chiaro-scuri tra le foglie, i colori accesi, i movimenti prodotti dal vento o dall’acqua, i contrasti tra tinta e luminosità, i suoni.
Tutti questi elementi concorrono nel costruire una MAPPA di SALIENZA dell’ambiente, che ci aiuta a guidare l’attenzione e a pilotare lo sguardo verso qualcosa di interessante.
I principi validi per il paesaggio naturale (J. Gibson avrebbe parlato di assetto ottico e mappe di gradienza) possono essere applicati agli spazi progettati, agli ambienti artificiali e urbani.
Attraverso la componente cromatica è possibile, dove necessario, attirare l’attenzione dell’osservatore, favorire l’orientamento e suggerire comportamenti. Particolari su una facciata, edifici, porzioni di spazio, arredi, divengono “punti focali” ben distinti, definiti, leggibili. Essi attivano memoria ed attenzione, stimolando l’interesse di chi guarda.
Ciò favorisce, tra l’altro, l’attaccamento e l’interesse verso luoghi e spazi, aumentando la piacevolezza e la sensazione di benessere.
Contatti: cristinapollidesigner.blogspot.com
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