(di Guglielmo Giani)
Nel 1794 il chimico inglese John Dalton annunciò pubblicamente la propria ‘cecità’ ai colori nel suo primo intervento alla Manchester Literary and Philosophical Society (Società Letteraria e Filosofica di Manchester); da allora il termine daltonismo é stato adottato in molti paesi per descrivere un difetto nella percezione dei colori. Dalton percepiva il geranio (Geranium zonale) color blu cielo di giorno e leggermente giallastro alla luce delle candele.
Dalton cercò di spiegare scientificamente la sua deficienza ipotizzando che l’umore vitreo (la sostanza gelatinosa che riempie il bulbo oculare) del suo occhio virasse verso il blu, assorbendo le lunghe lunghezze d’onda. Il 28 luglio 1844, il giorno dopo la sua morte, gli occhi di Dalton furono sezionati da Joseph Ransome, il suo assistente medico, il quale li definì “perfettamente trasparenti”. Non c’era quindi nessun supporto per la teoria di Dalton che il daltonismo fosse causato da un ‘filtro peretinale’.
Al momento della morte di Dalton, l’alternativa più popolare alla sua teoria era che il daltonismo fosse causato da un difetto cerebrale. Nella autopsia Ransome notò che l’organo frenologico del colore (una parte del lobo frontale a cui anticamente era stata erroneamente attribuita l’elaborazione del segnale visivo) era scarsamente sviluppato.
La scienza e la medicina oggi ci permettono di sapere che il daltonismo, o più correttamente, la discromatopsia non deriva da un ‘filtro peretinale’ e raramente da danni al cervello, ma é causata dall’assenza o dall’alterazione di uno dei pigmenti fotosensibili della retina. E’ interessante notare come, almeno un decennio prima di Dalton, una rivista scientifica tedesca riportò la teoria di Giros von Gentilly, uno scienziato minore, che ipotizzò che nella retina ci fossero tre membrane o tre molecole, una per ogni tipo di colore; e che la discromatopsia (il daltonismo) fosse dovuto all’iperattività o l’ipoattività di queste molecole.
Thomas Young, che conosciamo per la teoria ondulatoria della luce e la teoria tricromatica della visione, deve aver letto di von Gentilly quando era studente di fisica a Gottinga. Young combinò la teoria di tre recettori con l’idea che il colore fosse manifestazione della lunghezza d’onda della luce. Per spiegare la discromatopsia di Dalton, Young postulò “l’assenza o la paralisi delle fibre nella retina attivate dal rosso”, facendo percepire a Dalton solo i toni del giallo e del blu. Dopo quasi un secolo di dibattiti, la teoria tricromatica di Young-Helmholtz è oggi generalmente accettata. La visione a colori é dovuta principalmente a tre fotopigmenti, sintetizzati dai coni nella retina, la cui sensibilità massima é 560nm, 530nm, e 420nm, rispettivamente per la discriminazione dei rossi, dei verdi e del blu. La sintetizzazione di questi fotopigmenti é codificata nel cromosoma X, quindi un difetto in alcuni geni nel cromosoma X é la principale causa della discromatopsia. Essendo presenti tre tipi di coni nella retina, non esiste un’unica discromatopsia, ma diverse varianti in funzione di quale fotopigmento é coinvolto. Esistono otto diverse manifestazioni della discromatopsia in tre gruppi: il tricromatismo anomalo, la dicromatopsia e l’acromatopsia.
Il tricromatismo anomalo é l’alterazione meno grave, caratterizzata dalla possibilità di riconoscere in misura minore uno dei tre colori fondamentali. Tutti e tre i tipi di coni sono presenti nella retina ma un tipo é meno attivo rispetto allo standard, causando una minore sensibilità nel discriminare una parte di spettro cromatico. Il tricromatismo anomalo si identifica come protanomalia quando si ha difficoltà a discriminare le tonalità dei rossi e degli arancioni, in particolare i toni meno saturi. Si identifica, invece, come deuteranomalia quando si ha difficoltà a discriminare le tonalità dei verdi, in particolare i toni meno saturi. La deuteranomalia é la manifestazione più frequente di discromatopsia; colpisce il 6% della popolazione maschile e lo 0,4% della popolazione femminile. Infine si identifica come tritanomalia quando si ha difficoltà a discriminare le tonalità degli azzurri, dei blu e del violetto.
La dicromatopsia (di- due, -cromato- colore, -opsia vista), da non confondere con il termine più generico discromatopsia (dis- non, -cromato- colore, -opsia vista), é un difetto più grave rispetto al tricromatismo anomalo. In caso di dicromtaopsia uno dei tre tipi di coni non é presente o é presente ma non funzionante. In questo caso chi é affetto da dicromatopsia é limitato alla visione di soli due colori. La discromatopsia può essere anch’essa di diversi tipi a seconda di quale tipo di cono é mancante nella retina. Si identifica come protanopia quando non sono presenti o funzionanti i coni L e si ha l’impossibilità di distinguere i rossi, gli arancioni e i gialli dai verdi giallastri. Si identifica, invece, come deuteranopia quando non sono presenti o funzionanti i coni M e si ha l’impossibilità di distinguere i rossi, gli arancioni e i verdi dai gialli. Da analisi fatte sul DNA di campioni di tessuto, John Dalton era affetto da deuteranopia. Infine se a mancare sono i coni S si avrà l’impossibilità di percepire gli arancioni, i gialli e i verdi.
L’ultima variante di discromatopsia é l’acromatopsia o monocromatismo. E’ un fenomeno molto raro che si manifesta nello 0,001% della popolazione e può essere causato da modificazioni genetiche o da traumi a livello cerebrale. Esso é causato dalla presenza di un solo tipo di cono o dalla totale assenza di coni. Nel primo caso il soggetto avrà una visione normale tranne per l’impossibilità di discriminare i colori: il mondo viene percepito come attraverso una film in bianco e nero. Nel secondo caso, in cui coni non sono presenti, il soggetto deve fare affidamento sui bastoncelli per poter vedere. I bastoncelli sono preposti alla visione notturna e quindi molto sensibili alla luce; questo causa ulteriori problemi nella visione. Il soggetto, oltre a vedere in bianco e nero, risulta estremamente fotosensibile, deve indossare perennemente occhiali da sole e ha una visione molto limitata (all’incirca 2 decimi) dovuta al fatto che non sono presenti bastoncelli nella fovea, il punto di maggior acuità visiva della retina.
Nonostante l’acromatopsia sia un fenomeno molto raro, esiste un luogo sulla terra dove l’incidenza raggiunge il 9% della popolazione. Parliamo di Pingelap, un atollo della Micronesia, nell’ Oceano Pacifico dove nel 1775 si abbatté un violento tifone che uccise la maggior parte della popolazione. Una ventina di persone superstiti si impegnò a ripopolare l’isola ma la scarsa varietà genetica ha causato l’insorgere del maskun (il termine locale per descrivere l’acromatopsia), altrimenti latente.
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