I COLORI DEL CREPUSCOLO

(di Guglielmo Giani) – novembre 2010

Fenomeni come l’alba e il tramonto ci hanno sempre affascinato per la spettacolarità e la moltitudine di colori. Questi fenomeni sono descritti da leggi fisiche che ci dicono come la luce si comporta quando raggiunge l’atmosfera nelle prime e nelle ultime ore del giorno. Forse ancora più affascinante é come l’occhio umano risponde quando la luce cala durante il crepuscolo, e la sera si avvicina.
Durante il giorno percepiamo il mondo esterno attraverso una serie di cellule presenti nell’occhio e nel cervello. I coni, cellule fotosensibili presenti nella retina, trasformano la luce in un segnale elettrico che il cervello elabora e interpreta come visione. Nella retina sono presenti tre tipi di coni che rispondo in maniera diversa alle diverse lunghezze d’onda della luce e inviano alle cellule lungo il percorso visivo tre segnali distinti. L’occhio e il cervello, analizzando questi tre segnali, sono in grado di attribuire diverse sensazioni alle diverse lunghezze d’onda, sensazioni che comunemente chiamiamo colori.

Sunset

Foto 1: “I Dodici Apostoli”, Victoria, Australia – tratto da “Closing the Circle: Australia by bike, Part Three”, Aprile 1998, National Geographic (rivista) – fotografia di R. Ian Lloyd.

Di notte, in un ambiente privo di illuminazione artificiale, i coni non vengono stimolati perché la luce presente non é sufficiente. L’essere umano riesce a vedere perché si attivano delle altre cellule fotosensibili presenti nella retina, i bastoncelli, cellule simili ai coni ma con una sensibilità alla luce decisamente superiore. Quello che differenzia la visione diurna, visione fotopica, dalla visione notturna, visione scotopica, é il modo in cui percepiamo i colori. Di giorno siamo in grado di distinguere le diverse lunghezze d’onda, ergo i colori, perché si attivano i tre diversi tipi di coni. Di notte possiamo distinguere solo diversi livelli di illuminazione perché l’occhio é fornito di un solo tipo di bastoncelli e quindi il cervello può riconoscere solo l’intensità del segnale visivo che viene interpretato come diversi livelli di luminosità, dal chiaro allo scuro: fondamentalmente di notte vediamo in bianco e nero. Ovviamente il passaggio da visione diurna a visione notturna non é immediato ma graduale come non é immediato il passaggio dal giorno alla notte. Il crepuscolo é l’ora che precede l’alba e che succede il tramonto: l’ora in cui avviene il graduale passaggio dalla luce al buio, dalla visione fotopica alla visione scotopica. Durante il crepuscolo serale i coni lentamente si spengono e i bastoncelli si accendono per permetterci di vedere in condizioni di scarsa luce.
Questa condizione, che si chiama visione mesopica, porta con se un fenomeno su come percepiamo i colori.

Per capire questo fenomeno dobbiamo prima osservare una caratteristica del funzionamento dei coni e dei bastoncelli. Nella figura 2 sono rappresentate la curva di sensibilità dei coni (in rosso) e quella dei bastoncelli (in azzurro). Come possiamo notare i coni hanno la massima sensibilità nel giallo verdastro (giallo freddo), infatti questa é per noi la tinta (il colore) più chiara, mentre i bastoncelli hanno il loro massimo nel verde bluastro (verde acqua). Questa tinta é quella che di notte noi percepiamo come grigio più chiaro.

Visione scotopica e fotopica

Foto 2: Grafico delle curve fotopica (in rosso) e scotopica (in azzurro).

Come è stato detto prima, il passaggio da visione fotopica a visione scotopica non è immediato ma graduale. Man mano che la quantità di luce diminuisce i coni contribuiscono sempre meno al segnale visivo mentre i bastoncelli sempre di più e la curva di sensibilità si sposta lentamente da quella dei coni a quella dei bastoncelli.
Lo spostarsi della curva di sensibilità porta con se un continuo mutamento nella percezione dei colori. I colori che di giorno risultano molto chiari (tutta la gamma dei gialli e arancioni) lentamente diventano scuri e quelli che percepiamo scuri (verdi freddi e azzurri) diventano più chiari. Questo fenomeno, conosciuto come effetto Purkinje, fu descritto per la prima volta nel 1819 dall’anatomista e fisiologo Jan Evangelista Purkyně (Repubblica Ceca, 1787 – 18969).
L’effetto Purkinje é eclatante quando osserviamo determinati fiori, per esempio i gerani rossi. Di giorno percepiamo le foglie del geranio di un verde molto scuro, molto profondo con i fiori di un rosso brillante molto intenso. Durante il crepuscolo, in condizioni di visione mesopica la curva di sensibilità si sposta e quindi percepiamo lo stesso geranio con le foglie di un verde bluastro chiaro e i petali di un rosso bluastro scuro, quasi violaceo. Quando poi il crepuscolo é terminato, in condizioni di luce molto bassa, siamo in visione scotopica e il geranio lo percepiamo con foglie grigio chiaro e i petali di un grigio scuro quasi nero.
L’effetto Purkinje é responsabile dell’alterazione, o variazione, della percezione di tutti i colori durante il crepuscolo, non solo dei fiori. L’illuminazione artificiale permette all’uomo di proseguire le sue attività in sicurezza durante il crepuscolo e la notte ma sfortunatamente cancella la possibilità di assistere a questo straordinario fenomeno. Solo recandoci in luoghi isolati, quali boschi o spiagge siamo in grado di riprendere possesso di queste sensazioni e di comprendere come effettivamente funziona li nostro sistema visivo in condizioni di scarsa illuminazione.

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